All’inizio del lockdown ho iniziato un percorso con una dietista. Detto così sembra una pessima idea, invece è stato bellissimo. Ho aspettato molto a parlarvene, quasi un anno, perché io e il mio perfezionismo volevamo mettere in pratica tutti i consigli, arrivare alla padronanza completa del mio senso di sazietà e all’eliminazione delle cattive abitudini. Mi sono accorta, però, che questa era un’idea stupida e legata al mio vecchio modo di pensare. Il percorso che ho intrapreso si costruisce giorno dopo giorno, con momenti di distrazione e di concentrazione, con contingenze che mi riportano alle vecchie abitudini e piani per riprendere le nuove. È un viaggio che mi porta a risolvere i miei problemi col cibo.
Non ho mai sofferto di disturbi alimentari, quelli grossi, quelli evidenti e conclamati, eppure sapevo sin da bambina molto piccola, che avevo un rapporto col cibo che gli altri consideravano sbagliato. Mi piaceva il cibo, si vedeva che mi piaceva, e chiunque commentava che mi piaceva troppo mangiare e che questo, chissà dove mi avrebbe portata. Lo rivedo ora in mio figlio, che è il clone di mio marito ma ha ereditato da me l’appetito. Lo guardo quando arraffa i broccoli come se fossero un tesoro e rido di gioia, mi accorgo che quando non ha più fame smette di mangiare e non serve che mi preoccupi. Il mio rapporto col cibo non mi ha portato ad essere grassa, mi ha portato ad essere controllata e giudicata rispetto al cibo, mi ha portato a non riuscire a sentire cosa volevo davvero, cosa volevano il mio corpo e il mio stomaco, perché nessuno pensava che fosse compito mio stabilirlo. Cercherò di non fare lo stesso con mio figlio.
Ho conosciuto la dottoressa Martina Pellegrini grazie ai suoi podcast, mi ha contattato chiedendomi di partecipare a una puntata (puoi ascoltarla qui) e prima del nostro appuntamento, ho ascoltato tutte le sue registrazioni. Ho scoperto così una dietista diversa dalle altre, che parlava del suo percorso e non applicava un metodo punitivo. Era febbraio 2020, ero a meno di 6 mesi dal parto, con solo 2 kg in più dal peso pre gravidanza ma a 7 Kg dal mio peso “normale” e a12 Kg dal mio peso “magro” (che non raggiungo dai 23 anni e che quindi ormai credo resterà lì). Volevo perdere quei 7 kg, ma ancora di più, volevo fare pace col cibo.
Al nostro primo appuntamento (no ads, ho pagato il percorso) lei mi ha chiesto cosa volessi, io le ho risposto che certo di sicuro un po’ volevo dimagrire ma più di tutto desideravo: “mangiare quello che volevo quando volevo e non volevo mangiare quando non ne avevo voglia”. Sembra semplice detto così ma non lo è: quante volte avete mangiato una cosa senza chiedervi se vi piaceva? E quante, avete mangiato non perché avevate fame ma perché eravate tristi o stanche? Quante volte avete mangiato anche se non ne avevate voglia perché eravate con qualcuno o vi sentivate in obbligo o perchè tutto quel cibo sprecato vi dava angoscia?
Con Martina ci siamo dedicate quindi a capire quali erano le occasioni che mi portavano a mangiare quando non volevo o quando mangiare non era quello che mi serviva. È stato facile trovarle, più difficile cambiare percorso ed eliminare quei blocchi mentali.
Sono dimagrita? Sì e no, perché le cose che ti porti dentro vengono in superficie, tu le razionalizzi ma loro dopo un po’ ritornano. Ci vuole tanto tempo perché i nuovi percorsi mentali diventino istintivi. Inoltre, ci vuole tempo e spazio mentale per essere concentrati, per non mangiare quando si è tristi, stanche o frustrate. A volte, aprire il frigo e mangiare un pezzo di formaggio aiuta a gestire la cena ancora da preparare, il bambino urlante che ha fame e la testa che è rimasta alla consulenza ancora da finire. Ma va bene così, perché i viaggi si compiono passo dopo passo. Ma ora, se mi trovo davanti a un piatto e sono sazia, non mi sforzo di finirlo, se non mi va di mangiare qualcosa non lo faccio e compro più spesso i funghi champignon, anche se sono l’unica in casa a mangiarli. Tanto mi piacciono talmente tanto che spariscono subito!
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