Ho sempre trovato che parlare della genealogia dei capi fosse superfluo, che non abbia molto a che fare con a chi donano e come si indossano, e che se proprio qualcuno è interessato a conoscere la nascita della camicia bianca o dei jeans (Genova) ci sono molti libri e siti che trattano l’argomento. L’unico capo la cui storia è importante e che mi ha fatto capire molte cose è il trench.
Per chi non lo sapesse il trench si chiama così perché è il capo che usavano i soldati in trincea nella prima guerra mondiale: avevano bisogno di qualcosa di impermeabile e che asciugiasse rapidamente. Ecco spiegate le fibbie sui polsi per esempio. Il trench era una stoffa chiamata gabardine, un tessuto particolare che veniva impermeabilizzato prima della tessitura.
È l’impermeabilità a fare la differenza, proprio quello che ci siamo persi in questa seconda ondata in cui il trench va di moda.
Mia mamma ha un originale trench di Burberry di più di 20 anni fa, ho provato a fregarglielo qualche volta, ma: è enorme. Lei lo chiama impermeabile e non capisce perché io voglia indossarlo da solo, si porta sopra il cappotto e deve essere lungo, mia mamma è una taglia meno di me e 5 cm più bassa, sempre a pera, e il trench mi arriva più giù di metà polpaccio. L’altra cosa che ha questo trench mentre i miei di Zara e Benetton non hanno, è appunto l’impermeabilità, piove e le gocce gli scivolano addosso, anche se è vecchio. Il fatto che sia impermeabile lo rende anche caldo, perché trattiene il calore all’interno.
Quindi prendiamo un capo tecnico, che indossava Humphrey Bogart, e gli togliamo le sue caratteristiche fondamentali: il fatto che sia da indossare sopra il cappotto o la giacca, e l’impermeabilità. Otteniamo una specie di spolverino, tanto carino, ma prettamente inutile. Non fa quello che dovrebbero fare le giacche, non scalda, e viene quindi relegato alla primavera e alle giornate di sole, lui che era abituato a uscire con la pioggia! Io in ogni caso lo adoro, pur nella sua scarsa utilità e stagionalità limitata.