Chi: Federica, studentessa
Segni particolari: scrivo. Molto meglio di quanto parli
Nemici: chi invade i miei spazi
Amici: pochi, ma tanto, tanto preziosi!
Forma: mela
Odio: la totale assenza di punto vita
Amo: le mie gambe
Amerei: smettere di preoccuparmi della mia totale assenza di punto vita!
Sono una ragazza intelligente, non ho bisogno di essere bella, mi ripetevo, non ho bisogno di piacermi.
Ma ne hai bisogno, perché quando tutto ti molla il tuo corpo resta con te, e perché se non ti piaci tutti i successi della tua intelligenza saranno mezzi fallimenti: se non parli con te stessa, non potrai mai sapere di che cosa hai davvero bisogno, per stare bene. Perché puoi stare bene: questo non lo sai finché non succede qualcosa nella tua vita che te lo dimostra, e allora non capisci più come hai fatto ad andare avanti per tanto tempo senza fare qualcosa di buono per te.
A quattordici anni credevo che non avrei mai avuto un ragazzo, che nessuno potesse desiderare di stare con me, per nessun motivo, e non è poi così strano pensarlo a quell’età Non era vero, è ovvio. Quando però, sei anni più tardi e con parecchia più autostima a mio favore, ho scoperto di trovarmi ancora brutta, ho deciso di affrontare il problema. Perché a un certo punto diventi una donna, e hai bisogno di sentirti tale, non ti basta più non piacerti, sopportarti a malapena, infagottarti nelle felpe. Non ce la fai più, soprattutto, a reggere quello scetticismo che provi quando qualcuno ti fa i complimenti, a rispondere con occhiatacce agli sguardi dei ragazzi perché credi che ti stiano prendendo in giro, non ce la fai più a sentire la persona che ami che ti ripete che sei bella e a non riuscire a credergli.
Ho iniziato dalla terapia d’urto: attenzione estrema all’alimentazione tanto movimento, divieto tassativo di ingrassare. Insieme a un po’ di chili (non poi così tanti), ho perso gran parte del mio sorriso e ho guadagnato un mezzo esaurimento nervoso. Forse la dieta va bene per le modelle straricche, ma se devi affrontare un pomeriggio di studio intenso in una città dal clima artico non ti basta un po’ di petto di pollo ai ferri, e se il giorno prima dell’esame hai il ciclo e un’ansia galoppante finisci per fiondarti al supermercato sotto casa e ingoiare mezza scatola di biscotti prima ancora di renderti bene conto di cosa stai facendo. A parte questi episodi, comunque, andava bene: mi piovevano addosso complimenti da tutte le parti e i vestiti mi andavano larghi, mi sentivo in forma e lo specchio e la bilancia mi davano ragione. Se mi dicevano che ero dimagrita sorridevo. Ma se mi dicevano che ero bella, continuavo a non crederci.
Piano piano, continuando a documentarmi e a informarmi, ho scoperto delle cose che, seppur banalissime, fino a quel momento avevo totalmente ignorato: ho scoperto che non tutte le donne sono uguali, ma che ognuna di noi ha una forma, e ho scoperto che non tutta la bellezza è uguale. Ho pensato a tutte le ragazze in carne, o anche decisamente sovrappeso, che ho sempre trovato bellissime e ho realizzato che forse qualcuno poteva trovare attraente anche me. Così, ho iniziato a fare ciò che fino a quel momento evitavo il più possibile di fare: guardarmi. Ci è voluto coraggio, per mettermi allo specchio in mutande, e guardarmi senza scappare a coprirmi. Le prime volte mi facevo solo schifo.
Poi ho semplicemente capito una cosa: che non ero capace di guardarmi davvero. Io mi guardavo solo la pancia, mi fissavo di profilo (per me, che sono una mela, una posa impietosa) e seguivo con le mani la curva rotonda disegnata sotto il mio ombelico, così diversa da una bella tavola piatta. Non mi soffermavo sulle mie gambe lunghe e dritte, né sugli occhi azzurri e i lineamenti piacevoli, né sul seno. Per me esisteva solo la pancia, e sotto il mio sguardo si ingigantiva, cresceva a dismisura, come la prova vivente del fatto che sono una persona pigra e ingorda e incapace di contenersi.
Una volta afferrato questo, è stato tutto più facile. Mi sono costretta a continuare ad osservarmi, e a guardarmi tutta intera, ad apprezzare i muscoli che mi permettono di camminare, le mani con cui lavoro, a esaminare ogni cosa di me. Lo schifo si è trasformato in curiosità e poi in ammirazione: un corpo è una cosa bellissima, qualsiasi forma abbia. Un corpo merita amore e protezione e rispetto, qualsiasi siano le sue caratteristiche. Il mio era puro e semplice razzismo verso la parte del mio corpo che non potevo tollerare, e che da sola mi portava a disprezzare tutto il resto.
Dopo qualche tempo, sono riuscita a guardarmi per intero e la mia pancia non era più così spaventosa. Era morbida, armoniosa, e sopportabile. Non la amo, e non la amerò mai, come a nessuno piace ogni dettaglio di sé, ma inizia a starmi simpatica, come una vicina di casa un po’ pesante a cui però, alla fine, sei affezionata.
Non sono una rinunciataria, ma ho capito che costringermi a fare attività fisica dopo una giornata estenuante o ridurmi alla fame non mi avrebbe mai resa bella. E, in generale, dimagrire non avrebbe cambiato la forma del mio corpo né quella della mia mente. Ho riguadagnato i pochi chili persi e anche qualcuno in più, ma ho trovato il sorriso, e per la prima volta in vita mia, quando mi dicono che sono bella, ci credo, perché mi sono guardata anche io. Se credi di essere brutta, probabilmente non ti sei mai davvero osservata.
Sei una donna e hai bisogno di credere in te stessa e nel tuo corpo. È lui a sorreggerti, a permetterti di muoverti e di vivere, ma soprattutto è lui che può darti piacere, facendoti sentire amata, desiderata e sensuale. Anche io pensavo che queste fossero solo parole e che non mi sarei mai piaciuta se non fossi stata magra, ma sbagliavo, e ho perso tanto tempo e tante occasioni di diventare più sicura e più felice, prima di arrivare a capirlo. Perciò dai a te stessa questa possibilità, per favore: dimentica la vergogna e guardati allo specchio, ma fallo davvero, cerca di rimuovere dal tuo sguardo i pregiudizi che ti porti dentro e che hai costruito contro di te. Sarai più forte, quando ti piacerai, ti sentirai meglio, e soprattutto sarai bella, non puoi non esserlo.