“La 40 di seno, la 42 in vita e la 44 per i fianchi!” è la mia risposta.
A quel punto ci sto prendendo gusto perché avrei potuto limitarmi a un “la 42 o la 44 a seconda della vestibilità” ma una parte di me è orgogliosa della mia prima risposta. Perché sono orgogliosa di me, orgogliosa di come mi conosco.
- si combatte il fatto che i negozi “normali” non vendono oltre la 46 con rare eccezioni
- si combatte perché la taglia 44 è già considerata una taglia comoda
- si combatte per fare in modo che i vestiti plus size non siano solo tende con cui coprirsi ma modelli che tengono conto delle forme femminili
- si combatte per non farsi identificare con il numero della taglia che ci veste come non dal numero che rimanda la bilancia
Umla |
Jen luff |
Ana rosa |
Ma la mia “battaglia” è diversa, per quanto si possa comunque allineare con quelle già in atto.
Io ho un abito estivo a impero taglia 40, uno anni 50 taglia 42, uno un poco più dritto taglia 44. Possiedo un cappotto modello anni 60 taglia 40, e uno doppio petto 42, un piumino avvitato corto Small. I pantaloni a vita alta sono taglia 42, quelli dritti a vita più bassa taglia 44, e gli shorts di taglia 46, mentre la gonna dritta è taglia 44, e quella a ruota taglia 42. Di collant indosso la terza, gli slip tendenzialmente li compro taglia M ma in merceria sto più comoda nella 4, con reggiseni scelgo 2B ma quelli a fascia mi serve una 3A, mentre per i costumi basta la seconda. Addirittura le scarpe della stessa marca differiscono di numero, un 38 per le ballerine più morbide e le décolleté, ma un 39 per gli stivali.
E questo è assolutamente normale!
Umla |
ShabbyChic |
In His Grip |
Forse ho fatto un paragone troppo astratto ma di nuovo va spostato il soggetto dalla taglia al corpo fisico. E dopo questo post la prossima volta che una commessa mi chiederà che taglia ho e assumerà espressione terrorizzata al mio: “40, 42, 44” allungherò un biglietto da visita.
Mothology |