È da molto che non vi parlo di un libro di moda che ho letto e questo perché non vado più tanto a caccia dell’ultima novità patinata in copertina rigida e ben esposta sugli scaffali ma scandaglio i fondi di Amazon in cerca di eBook di nicchia molto spesso in lingua originale che mi aiutino ad approfondire la psicologia del vestire. Pero mi manca raccontarvi le mie impressioni, pubblicare le foto delle pagine che più mi hanno colpito e non potevo non farlo con Sfashion il libro di Marina Savarese.
Le ragioni per cui vi parlo di questo libro sono tante e soprattutto sono onorata che Marina mi abbia chiesto di farne parte, di scrivere un piccolo capitolo che racchiudesse la mia visione dei vestiti.
La cosa più importante è che questo libro fa riflettere, solleva di un poco la cortina di fumo che c’è tra noi, compratori e spettatori e coloro che sono dietro le quinte del mondo della moda. Prende in giro la moda, in modo ironico, e ci aiuta così a sentirla meno autoritaria, meno totalizzante e meno imposta.
Marina con la sua esperienza di anni, in tutti i capi, come stilista aziendale e non, come insegnate ma soprattutto come essere pensante ci aiuta a riflettere sul prodotto che acquistiamo. Questo sarà il suo intervento nel corso del Workshop di Moda per principianti che terrò a Firenze Domenica 26 Marzo, tutte le info per l’iscrizione qui.
Dato che il libro pur essendo piccolo è anche molto elaborato vi analizzo punto per punto ciò che mi ha fatto riflettere.
Si può amare la moda ma anche odiarla. Marina vive la sua storia così, semplificando al massimo sogna fin da bambina di fare la stilista e poi quando ci riesce scopre di odiare quel lavoro. Io devo ammettere che nei confronti della moda mi sono sempre sentita così, i miei occhi erano attratti dalla favola, ma il mio stomaco e il mio cervello mi diceva che c’era qualcosa di sbagliato in quella favola, e che la vita vera era un’altra. E così ho creato questo blog per questa ragione, per trovare un modo per conciliare la favola con la realtà.
La moda va presa in giro. Nel libro ci sono una serie di piccoli cammei ironici, i servitori della moda, i cavalieri neri, ma anche le vecchie barbie e le barbie vecchie, che ci aiutano a capire che nulla è giusto, ma che anche nulla è sbagliato, e che ciò che è tanto in per qualcuno a qualcun’altro potrebbe sembrare folle.
I must have non esistono e ognuna ha i suoi gusti. Io e Marina non siamo d’accordo su una cosa, io amo le calze color carne e lei le aborre, ma siamo d’accordo sul vedere al di là di quello che ci viene proposto, al di là dei solito must che stanno bene a tutti e in realtà a nessuna, delle idee vecchie vendute come nuove e male (come le scarpe da running sotto la gonna a tubo), e dello stile senza un pensiero dietro.
Si può cambiare il modo di comprare senza stravolgerlo. A me non piacciono gli stravolgimenti, e di questo argomento vi ho già parlato qui, credo sia impossibile pensare che da domani tutti improvvisamente smettano di compare low cost perché hanno capito cosa significa in termini di materiali e di sfruttamento umano. Ma non è assurdo pensare che si possa scegliere di comprare meno, e pensando di più, comprare una t-shirt da 30€ invece che 6 da 5€, o un maglione in vera lana a 100€ invece che 4 in viscosa che non ci possono scaldare nemmeno uno sopra l’altro. Senza rinnegare il low cost, ma variando la dieta.
Le persone prima dei vestiti, e soprattutto la rimozione di un velo scuro davanti ai nostri occhi per poter scegliere con più consapevolezza, questo dice Sfashion, e come posso io non essere d’accordo?