Come tante di voi io ho sempre frequentato i negozi solo come acquirente. Sono sempre rimasta dall’altra parte del bancone, e sono sempre stata una cliente diffidete che non amava farsi servire, ma preferiva aggirarsi indisturbata nel negozio per osservare capi e prezzi con calma.
Ho sempre guardato il lavoro della commessa di negozio di abbigliamento con curiosità ed interesse. Osservavo come si rapportavano al cliente, come ciò cambiava non solo da persona a persona, ma anche dalle linee guida che il negozio imponeva, e come il loro modo di porsi poteva cambiare l’umore e l’opinione che le cliente aveva di se stessa. Preparando il mio corso per la formazione di personale di vendita orientato alle forme del corpo ho approfondito ancora di più l’argomento chiedendomi come avrebbe dovuto essere la commessa ideale, quella che riusciva sì a vendere il vestito, ma soprattutto a far contenta la cliente.
Ma non si può conoscere un mondo se non lo si è provato dal di-dentro e ho sempre rimpianto di non avere trascorso almeno un periodo a fare questo lavoro.
La settimana scorsa questa mia lacuna è stata leggermente colmata, per quanto possono farlo 4 ore in un negozio di un centro commerciale un sabato pomeriggio di pioggia intensa. Vi avevo avvisato che avrei fatto la Personal Shopper all’evento per la riapertura del negozio Nunalie, ma se voi avete in mente la Personal Shopper che con calma vi propone tanti capi e si dedica completamente a voi per un ora o due, beh questo non sarebbe stato possibile con la coda fuori dai camerini.
Così, dopo un primo momento di spaesamento, ho imitato le altre ragazze, seguendo più di una cliente alla volta, portando vestiti, abbinando cardigan, obbligandole a togliere jeans e calzini e provare l’abito coi tacchi. Ho prestato le mie décolleté blu a una signora che voleva provare l’effetto del vestito, ho accompagnato le bambine a scegliere un abito che piacesse alla mamma, ho parteggiato con una ragazza che desiderava l’abito a pois al ginocchio e non la tunica informe a fiori che il padre giudicava più fine, ho portato coprispalle di tutte le taglie e colori, allacciato cinturini di scarpe, tirato su zip di vestiti, risvoltato orli di pantaloni, e mangiato un po’ di zucchero filato saltando la fila con il cartellino di una collega in prestito per poter poi subito tornare al lavoro.
Sono riuscita a fare tutto di corsa, facendo lo slalom tra una rastrelliera, le casse e i ballerini di swing, con il sorriso sempre in viso e l’attenzione a mille anche se a un certo punto mi facevano così male i piedi che avrei voluto lanciare le scarpe. Devo ammettere che è stata una sensazione bellissima e al contempo totalizzante, è stato un battesimo di fuoco data l’affluenza altissima e quasi paragonabile a quando lavoravo all’asilo nido e mi erano spuntati gli occhi anche sulla nuca per raccogliere bambini al volo già dallo scivolo.
Dopo questa esperienza posso dire che fare la commessa è un lavoro bellissimo perché vi da una possibilità impagabile, far sentire bella e soddisfatta di se un’altra donna. Io conosco bene questa sensazione, mi capita durante le consulenze personali o ai corsi, ma ogni volta è un po’ come la prima, quando vedi il sorriso illuminare il volto di una ragazza che si guarda allo specchio e si vede diversa perché l’abito le sottolinea la vita e lei si vede improvvisamente bella.
Ma è anche un lavoro estenuante perché combatti con il muro di gomma della cecità che molte donne hanno del loro aspetto, quando scelgono abiti che non le valorizzano e si disperano per questo, ma poi non si vedono con gli abiti giusti, quando immaginano difetti che non ci sono o ascoltano i consigli mortificanti della famiglia. E tu hai cinque, dieci minuti per convincerle del contrario e se ci riesci due volte su dieci è già tanto.
Dopo questa esperienza posso dire che i negozi che non hanno l’assistenza alla vendita ci perdono molto, ma che sarebbe ancora peggio se l’affidassero a commesse non preparate e selezionate apposta come mi è capitato appunto in altri negozi. Una persona preparata deve conoscere come cadono gli abiti del suo negozio e essere conscia che a seconda della cliente che ha davanti dovrà proporre abiti diversi. E quelle che sono state le mie colleghe per un giorno sono davvero brave in questo.
Con Giusy, compagna di un viaggio Genova Roma della speranza
Con Elisa “Che non te la fai una foto in magazzino?”