Sto leggendo tanto in questo periodo – poi vi parlerò sicuramente delle mie letture – ma queste hanno portato a una domanda, la domanda su cui si posano questo blog e il mio lavoro: “È obbligatorio valorizzarsi?”. La risposta breve è ovviamente NO, ma lo sapete che a me le risposte brevi non piacciono.
Per prima cosa la domanda è mal posta, per una serie di ragioni. La prima è che io (e non solo io) parlo sempre di “valorizzarsi” quando mi riferisco ai vestiti da scegliere e al modo in cui li abbiniamo ma, come mi ha fatto riflettere Giulia Blasi nel suo Manuale per Ragazze Rivoluzionarie, valorizzarsi significa aggiungersi più valore e il fatto che una donna debba aggiungersi valore attraverso i vestiti mi fa storcere un po’ il naso. Quindi, accantonando questa ultima riflessione, diciamo che la domanda giusta è “È obbligatorio valorizzarsi esteticamente?”. Almeno, in questo modo, circoscriviamo l’argomento perchè stiamo parlando di migliorare il nostro aspetto estetico, non come persone. Purtroppo insieme a queste due parole, “valorizzarsi” e “migliorarsi”, la parola “esteticamente” viene spesso omessa e questo è particolarmente indicativo.
Una donna o una persona di qualsiasi genere che si vuole migliorare può farlo in mille modi: dal rinnovare il guardaroba all’andare a servire alla mensa per i poveri, passando dall’occuparsi di più dell’ordine delle sue cose. Secondo la sua scala di valori cerca di essere un essere umano migliore. Valorizzarsi invece è leggermente diverso, implica non tanto l’essere migliore ma il dimostrare di essere migliore agli occhi degli altri, prendere insomma il proprio valore e mostrarlo. Mi valorizzo quando metto in luce tutti i miei pregi, che siano essi fisici, mentali o morali. Mi valorizzo quando indosso un vestito che mi dona, quando assumo una postura dritta e fiera, quando faccio un discorso che mostra le mie competenze in una materia particolarmente difficile. Valorizzare è un verbo particolare, significa che gli altri attribuiscono a quella cosa o a una persona un valore più grande del precedente. E, sì, è purtroppo legato più alla sfera estetica perché è più quello che si vede, di quello che è.
Quindi, terminata la digressione terminologica, cerchiamo di capire perché noi sentiamo questa domanda nella nostra testa. Perché, nonostante sia evidente che non sono obbligata a fare niente che non voglio, finisco per sentire una pressione globale che vuole che io mi valorizzi esteticamente o che ritiene che se mi voglio bene, se mi prendo cura di me, se ci tengo a me stessa e alla mia vita allora devo fare tutti gli sforzi possibili per valorizzarmi. In un mondo che mostra le donne più come un bel soprammobile o un oggetto sessuale che come individui indipendenti e degni di valore e stima a prescindere dal loro aspetto estetico, non mi stupisce che questa pressione arrivi forte e chiara.
Da dove arriva questa pressione? Io penso che sia giusto capire che arriva a diversi livelli: da noi stesse attraverso quel senso di colpa strisciante che ci dice che non siamo abbastanza magre/giovani/curate, dalle persone che ci circondano come la vecchia zia che vi intima di farvi la tinta altrimenti vostro marito vi lascerà (che grande stima nutre per il marito, tra l’altro, pensa forse che abbia la profondità di un tegamino?), dalle amiche che non si permettono di dirvi nulla su di voi (queste sono le vere amiche) ma che continuano a lamentarsi di non essere abbastanza magre/giovani/curate. E poi, a pioggia, dalla cultura nazionale tutta che vi dice che non dovete avere paura delle rughe e lo fa dire da una ragazza di 28 anni già plastificata che fa di tutto per ricalcare l’ideale maschile della desiderabilità, da chi non riesce a fare un complimento a una professionista diverso da “Sei bellissima“, da chi vi dice che gli piacciono le donne che fanno le donne e non i maschi.
E, sì, la pressione è piuttosto alta quindi cosa ci possiamo fare noi con questa domanda che pende sulla nostra testa? Le femministe degli anni ’70 hanno risposto “No, io non sono obbligata a valorizzarmi e non lo farò!“, oggi invece possiamo rispondere più tranquillamente “Io scelgo di farlo se, come e quando mi va!”. Ma siamo davvero libere di scegliere con tutti i condizionamenti che ci sono in giro? Io non credo, per applicare una libera scelta dobbiamo lottare contro i pregiudizi che si sono infilati nella nostra testa, e poi con quelli degli altri. Io per mesi ho dovuto farmi una bella corazza con tutta la mia forza e la mia rabbia per riuscire a uscire struccata di casa, per smettere di giustificarmi con “Mi piacerebbe truccarmi ma mi sono peggiorate le allergie e non posso“, per sentirmi me stessa anche senza la matita intorno agli occhi e il correttore a coprire le occhiaie. Piano piano questa è diventata la mia nuova normalità, mi sto disintossicando e quando avrò finito sarò finalmente davvero libera di scegliere se truccarmi o meno.
Secondo me quindi abbiamo due strade: disintossicarci forzatamente da uno degli aspetti della valorizzazione estetica – siano essi i vestiti, i trucchi, la tinta, la depilazione, la lotta perpetua alla buccia d’arancia o alle rughe – fino a che non ci sentiremo libere sia di sceglierlo che di non sceglierlo secondo il nostro gusto e giudizio e senza pressioni o sensi di colpa, oppure risolvere il problema nel minor tempo possibile.
Il mio lavoro è questo: aiutarvi a risolvere il problema dei vestiti nel minor tempo possibile di modo che vi possiate poi dedicare agli altri aspetti della vostra vita. Perché secondo me è inutile fingere di non vivere in questo mondo. Se fossimo su una montagna come Heidi, accompagnate soltanto dalle caprette, potremmo lanciare i vestiti in aria e vivere allo stato di natura ma il mondo è questo e, se non ci piace, nel mentre che proviamo a cambiarlo dobbiamo conviverci. Abbiamo ormai vissuto tutti quegli anni che ci hanno portate fino a qui, con i loro condizionamenti che si sono ben piantati dentro di noi, ma non dobbiamo arrenderci all’idea di poterci liberare.
Per questo mi piace dare tutte le armi possibili alle mie clienti e anche a voi che mi leggete, per riuscire a valorizzarvi utilizzando i vestiti nel minor tempo e con la minor spesa possibile. Perché una volta fatto, una volta risolto questo problema, possiamo davvero dedicarci a cambiare il mondo.