C’è una cosa a cui non so resistere: scrivere su New York. Così quando il alice del sito NUOK mi ha chiesto se volevo partecipare a una nuova rubrica e scrivere un pezzo corredato di foto, dal titolo “Se New York fosse un abito..” non sono riuscita a resistere. Certo, non è nelle mie corde farmi fotografare con indosso diversi look, non che non sia fotogenica, ma la mia passione è la scrittura e preferisco dedicare il mio tempo libero a quello invece che costringere il mio fidanzato a fotografarmi, stavolta però si è offerto spontaneamente e visto che dopo aver letto la lettera di alice avevo già in mente il lokk che per me rappresentava New York eccovi il risultato!
“La prima volta che sono andata a New York ero poco più che una bambina. Era un inizio luglio caldissimo e camminavamo per la quinta strada sciogliendoci insieme all’asfalto sotto i nostri piedi. Eravamo uscite una mattina presto e tutti si riversavano a Manhattan per iniziare la giornata lavorativa. Una ragazza che usciva dalla metro attirò la mia attenzione. Indossava un rigido taileaur nero, i capelli raccolti in una coda, in mano ha due borse piuttosto voluminose e le gambe, avvolte da calze velate nere, scattavano su per i gradini della metro a due a due, ai piedi calzava… Un paio di scarpe da running! La vidi camminare ancora per pochi metri ed estrarre dalla borsa un paio di decoltè a punta con tacco molto sottile. Si chinò per terra, fece un fulmineo cambio di scarpe e girato l’angolo sgusciò tra in una porta girevole. Mia madre mi spiegò che la ragazza probabilmente veniva dal New Jersey o da qualche quartiere di New York, molto lontano, ed era tenuta a indossare scarpe eleganti in ufficio, ma un po’ per non rovinarle, un po’ per non soffrire affrontava il viaggio di più di un’ora con un paio di scarpe comode. Ricordo di aver pensato: “che cosa intelligente, perché in Italia non lo facciamo?” Saremmo preoccupati di quello che penserebbero di noi sull’autobus. Ma New York è così, pratica, contrastante e che non ti giudica.
Da allora sono stata altre volte a New York scoprendola sempre di più simile a quella mia prima immagine. Sono rimasta affascinata dal contrasto tra la distesa d’acqua grigia del Jackie O Reservoir di Central Park, gli alberi che lo circondano come una corona e il vetro e cemento dei grattacieli dalle forme squadrate. Non è come l’ordinata e pulita Boston dove ogni mattone è allineato nel giusto ordine, o la bohemien San Francisco dove casette color pastello e un poco di nebbia le danno un aspetto fatato. New York ti sorprende, ti ghiaccia, all’inizio ti disorienta pur avendo strade dritte in cui sembra impossibile perdersi. Se New York fosse un abito, dovrebbe essere tutto questo, contrastante ma al tempo stesso pratico, moderno e ironico. Sarebbe quell’abito che ti da la libertà di essere bella anche se non si è perfette. Inoltre dovrebbe essere personale, molto personale, perché la città ti fa sentire che puoi essere te stessa, senza remore. Lo percepisci subito perché si adatta addosso a te e ad ogni angolo ti sembra sempre di aver scoperto un nuovo posto, che ti appartenga e che la sensazione che ti da sia solo tua. Ed è così che mi fanno sentire questi vestiti, gli stivali da pioggia sono così personali che ho dovuto attraversare l’oceano per trovarli in un piccolo negozio di Soho, l’abito invece di Patrizia Pepe, comprato in saldo, mi donava anche quando pesavo quasi 10 chili di più.